Questo articolo è tratto dal nostro Corso e dall’E-Book sulla “CSR dalle origini ad Oggi” e vuole ripercorrere la storia della CSR, dalle principali definizioni alle prime teorie, fino ad arrivare ai giorni nostri con la stesura delle principali Linee Guida e Direttive. Inoltre vuole suggerire anche un percorso su come presidiare le attività di Sostenibilità, attraverso anche l’azione di Stakeholder Engagement.
“Un’azienda non può ottenere profitti a lungo termine senza perseguire uno scopo e senza considerare le esigenze di tutta la vasta gamma di stakeholder”. Larry Fink – CEO Blackrock – Lettera agli Investitori Gennaio 2020.
CSR Definizioni
La Commissione Europea definisce la CSR come ”l’integrazione volontaria delle preoccupazioni
sociali e ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti
interessate” (Stakeholder). In linea generale una impresa può essere considerata socialmente responsabile quando si fa carico degli effetti che il suo comportamento produce nei confronti dei suoi stakeholder. La CSR va oltre il rispetto delle prescrizioni di legge e individua pratiche e comportamenti che una impresa adotta su base volontaria, nella convinzione di ottenere dei risultati che possano arrecare benefici e vantaggi a se stessa e al contesto in cui opera. Particolare attenzione viene prestata ai rapporti con i propri portatori di interesse (Stakeholder), realizzando nei loro confronti azioni concrete.
Pertanto l’azienda deve attuare una politica che sappia conciliare gli obiettivi economici con
quelli sociali e ambientali del territorio di riferimento, in una ottica di sostenibilità futura.
La Sostenibilità è conosciuta?
Nella nostra attività di consulenza abbiamo visto un diverso livello di conoscenza di queste
tematiche .
Qualche anno fa abbiamo visto aziende che intendevano per CSR l’utilizzo della carta riciclata, le
attività di charity, ecc. e questo perché in Italia è relativamente recente l’introduzione di questa
teoria manageriale. Per fortuna, nello stesso periodo, abbiamo visto anche tante aziende che invece sono state in grado di intercettare questa esigenza e che oggi sono assolutamente consapevoli del vero significato della CSR, tanto che hanno sviluppato progetti ed iniziative realmente integrati nella
loro dimensione strategica.
UN PO’ DI STORIA E IL CONTESTO
La CSR, evoluzione di una idea.
Come avremo modo di notare, la Corporate Social Responsibility parte da lontano, non è una
moda di oggi, ma il risultato di studi sociali approfonditi. Per chi si occupa a livello manageriale di
CSR, queste saranno informazioni utili per argomentare all’interno dell’ Organizzazione ,anche la
sussistenza di una base storica, scientifica e sociologica di questa relativamente nuova funzione
aziendale. Le prime scuole di pensiero sul tema, nascono tra gli anni 30 e 50 negli USA. Esse incominciano ad attribuire ai manager obblighi sociali al di là del raggiungimento del profitto. Negli anni 50, per la precisione nel ‘53 viene attribuita a Bowen (considerato il padre fondatore della CSR/RSI) una prima definizione di Corporate Social Responsibility: Bowen infatti introduce la Social
Responsibility of Businessman . Il contributo di Bowen non è l’unico ma resta uno dei più
significativi di questa fase storica. Egli per Responsabilità Sociale fa riferimento agli obblighi degli
uomini di affari di “ perseguire quelle politiche, prendere quelle decisioni e seguire quelle linee di
azione che sono desiderabili in termini di obiettivi e valori della nostra società”.
Anni 60 e 70
Negli anni 60 e 70 la titolarità dell’obbligo sociale viene estesa all’Impresa ed è da questo momento che si inizia a parlare di Corporate Social Responsibility. In questa fase uno dei contributi più significativi è quello di Davis che ne 1973 dice che “un’azienda non può essere ritenuta socialmente responsabile se si attiene solo al minimo previsto dalla normativa.
Una affermazione quella di Davis che a distanza di 50 anni, si può ritenere molto attuale.
Alla fine degli anni 70 e inizio anni 80 la “Teoria degli Stakeholder” di Robert Edward Freeman
aiuta le imprese a pensare alla mappa degli stakeholder. Egli è considerato ancora oggi uno dei
punti di riferimento internazionali nella Corporate Social Responsibility.
Freeman vs. Friedman
La sua teoria nasce in contrapposizione a quella del premio Nobel Milton Friedman, il quale anni
prima sosteneva che “ i manager non avevano altro obbligo se non quello di rispettare le leggi e
produrre risultati economici per gli azionisti”. Addirittura Friedman sosteneva che preoccuparsi di
sociale o di qualcosa che non fosse il profitto per gli azionisti, fosse “irresponsabile”. Il nuovo
approccio di Freeman contrasta e va oltre questa idea secondo cui l’impresa debba essere
responsabile esclusivamente nei confronti degli azionisti. Il suo approccio infatti è un po’ più
ampio e vede l’impresa responsabile verso un gruppo di portatori di interesse (stakeholder) che
include fornitori, clienti, azionisti e comunità locale. Secondo Freeman, rientrano in questo
gruppo tutti gli individui o gruppi che hanno “un interesse legittimo o una pretesa legittima nei
confronti dell’impresa”. Veramente una visione illuminata.
Business Ethics
Sempre negli anni 80 negli USA si diffonde la teoria “Business Ethics” che si differenzia in quanto pone al centro i valori etici che devono guidare i comportamenti delle imprese. Questa teoria pone il tema della business ethics all’interno delle riflessioni strategiche dell’impresa. Viene differenziata la visione strategica da quella etica della csr. La visione strategica deve individuare il sorgere di un vantaggio non necessariamente economico, ma reputazionale. La visione Etica prevede che l’impresa debba agire correttamente e ritiene che questo agire debba essere giusto anche se non vantaggioso.
La Piramide di Carroll
Alla fine degli anni 80 un Docente della Georgia University, A.B. Carroll definì così la CSR: “The
social responsibility of business encompasses the economic, legal, ethical and discretionary
expectations that society has of organizations at a given point in time” . Pertanto secondo questa
definizione è possibile suddividere la responsabilità sociale di impresa in quattro sottoresponsabilità:
1. Responsabilità economica: ciò di cui l’impresa vive: produrre beni e servizi, venderli e generare un profitto. Prima di ogni altra cosa, l’azienda è l’istituzione cardine dell’economia capitalistica.
2. Responsabilità legale: l’azienda, in quanto soggetto giuridico che vive in un contesto sociale è tenuta a rispettare le leggi che nel contesto sociale stesso si applicano.
3. Responsabilità etiche: modo di comportarsi che la società si aspetta dall’azienda.
4. Responsabilità discrezionali: comportamenti orientati ad assolvere una funzione sociale positiva.
In seguito Carroll decise di rappresentare la sua idea di CSR servendosi di un grafico piramidale per definire le varie responsabilità. Tuttavia Carroll specificò che non vi è un ordine preciso da rispettare nell’espletamento di tali responsabilità, sottolineando che l’azienda virtuosa non può astenersi dal rispettarle tutte.
La CSR nelle aziende
Pertanto abbiamo visto come già dagli anni 50 il tema della Corporate Social Responsibility è stato molto dibattuto, con visioni che poco alla volta lo hanno arricchito e completato. Inoltre è stato evidenziato come il modo di operare delle aziende può avere una forte influenza sul contesto di riferimento a livello sociale ed economico. L’operato della azienda non è più una mera ricerca del profitto, ma può avere ripercussioni sul tessuto sociale, sul territorio, sull’ambiente e anche sul benessere dei dipendenti.
Agenda UE
Negli anni 90 queste teorie hanno guidato ulteriori approfondimenti ed analisi. Infatti La CSR è entrata nell’agenda UE a partire dal Consiglio Europeo del marzo 2000 e da quel momento è considerata come uno degli strumenti strategici per realizzare una società più competitiva e socialmente coesa e rafforzare il modello sociale europeo.
Inoltre con l’emanazione delle “Linee Guida dell’OCSE destinate alle imprese multinazionali “ vi sono un corpo di raccomandazioni rivolte dai Governi firmatari della Dichiarazione OCSE del 27 giugno 2000 alle imprese multinazionali contenenti “principi e norme volontari per un comportamento responsabile delle imprese, conforme alle leggi applicabili”.
Il Libro Verde della Commissione Europea
Ma il punto più importante è rappresentato dalla definizione della Commissione Europea nel libro verde 2001, si basa sui principi di volontarietà, credibilità e trasparenza.
I principali obiettivi del progetto sono quelli di :
diffondere la cultura della CSR, dello sviluppo sostenibile e lo scambio di buone pratiche; garantire al cittadino che l’impegno sociale comunicato dalle imprese sia effettivo; supportare le PMI nello sviluppo delle politiche e strategie di CSR; realizzare un set di indicatori standard (Social Statement) semplice e flessibile; diffondere l’utilizzo del Social Statement, costituito dal set di indicatori, che le imprese possano adottare per valutare le proprie performance in ambito CSR; favorire lo scambio di esperienze tra i vari Paesi al fine di identificare e recepire le migliori pratiche a livello internazionale; favorire la partecipazione attiva delle imprese ad iniziative nel sociale secondo una moderna logica di integrazione pubblica.
Prima Definizione di CSR
Nel libro verde del 2001 la Commissione Europea ci fornisce una prima definizione ufficiale di CSR e definisce i suoi campi di applicazione in relazione sia alla dimensione interna dell’impresa ( gestione risorse umane, tutela della salute, ambiente e sicurezza) che a quella esterna ( rapporti con la comunità locale, fornitori, consumatori, ambiente, diritti umani). Come abbiamo già detto, la Commissione definisce la RSI/CSR come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed economiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate, al di là delle prescrizioni legali e degli obblighi contrattuali.
Anche le Nazioni Unite hanno molto dibattuto sul tema per cercare di integrare concetti di CSR all’interno del business delle aziende. Nel 2000 è stata lanciata la prima Agenda Onu 2000-2015 con una serie di obiettivi da raggiungere e che verranno ampliati con l’Agenda 2030 che vedremo in seguito.
Linee Guida Ocse L’aggiornamento del 2011
A dieci anni dall’ultima revisione delle Linee Guida ed alla luce dei notevoli mutamenti dello scenario economico internazionale e delle nuove istanze etiche scaturite dalla crisi economico-finanziaria, in occasione della riunione annuale dei Punti di Contatto Nazionale del 2009, è stato lanciato il processo di aggiornamento delle Linee Guida. Alla riunione di giugno 2009 del Consiglio dell’OCSE a livello ministeriale, è stata avviata una vasta consultazione sull’aggiornamento delle Linee Guida OCSE “per aumentare la loro rilevanza e chiarire le responsabilità del settore privato”. I Governi firmatari hanno definito i termini di riferimento (le materie oggetto) dell’aggiornamento, nell’aprile 2010.
Ai giorni nostri
Venendo ai giorni nostri, gli ultimi anni possono essere davvero considerati gli anni della CSR. Se ne parla da tempo, come abbiamo visto ancor prima del 2001, quando la Commissione Europea pubblicò il Libro Verde sulla responsabilità sociale delle imprese. Alcuni Paesi sono forse più avanti del nostro, ma mai come oggi si ha la sensazione che il fenomeno stia mettendo radici su un terreno sempre più fertile .I motivi sono diversi, ma tutti ugualmente importanti.
Direttiva sui Dati Non finanziari
A partire dal 1° gennaio 2017 le aziende, in particolare quelle con oltre 500 dipendenti, dovranno rendere pubbliche, oltre le informazioni finanziarie, anche quelle relative ad ambiente, politiche sociali, diritti umani, anti corruzione, politiche di genere, diversità, rispettando una norma ispirata dalla Direttiva UE 95/2014 che il nostro Paese ha recepito : un cambio di passo che, se ben comunicato e non vincolato da faticosi adempimenti burocratici, può far giocare un ruolo totalmente nuovo alle imprese, in un mondo che sta cambiando molto velocemente.
E le imprese?
Una rilevazione sull’impegno sociale delle aziende in Italia, ci restituisce i dati percentuali più alti degli ultimi 15 anni in tema di responsabilità sociale delle imprese: l’80% delle imprese italiane con oltre 80/100 dipendenti dichiara di impegnarsi in iniziative di CSR. I consumatori ormai vogliono avere una consapevolezza sempre più piena delle fasi di creazione, di produzione, di distribuzione dei prodotti/servizi che finiscono nelle loro case e che utilizzano. Non solo, il consumatore vuole conoscere l’impatto che la creazione, la distribuzione di quel prodotto genera nell’ambiente. Oggi molti pretendono dalle aziende un comportamento responsabile verso i dipendenti e la collettività, un atteggiamento partecipe delle difficoltà del momento, e di conseguenza premiano chi se ne fa carico.
Facciamoci trovare pronti
E quindi è ora il momento per l’Italia di farsi trovare pronta, perché le imprese che producono nel nostro territorio stanno dimostrando di voler mettere in pratica una visione dell’economia più matura, più sostenibile, più trasparente: ci vuole un aiuto energico, tangibile e convinto da parte delle Istituzioni, perché chi fa impresa vuole poter conciliare il profitto con la salvaguardia dell’ambiente, l’organizzazione dell’azienda con il coinvolgimento dei dipendenti, il rispetto delle regole con l’attenzione al territorio. Le premesse per cambiare passo ci sono tutte, ora bisogna che le regole siano semplici, lineari e premianti, per guadagnarne tutti.
Altre iniziative
Tra le altre iniziative intraprese dalle Istituzioni Nazionali e Comunitarie e le iniziative multistakeholder degli ultimi anni, sono da segnalare:
Atti di indirizzo parlamentare (interrogazioni, interpellanze) sulle condizioni di lavoro e sul controllo della catena di fornitura nei Paesi oggetto di delocalizzazione da parte delle Imprese.
Indagine conoscitiva avviata dal Ministero dello Sviluppo Economico, attraverso il PCN OCSE, al fine di acquisire informazioni sulla filiera di produzione nel settore tessile.
Adozione, da parte del Consiglio Europeo in data Settembre 2014 della Direttiva sulla Comunicazione di informazioni di carattere non finanziario da parte di grandi imprese – Direttiva 2014/95/UE – Tale Direttiva è entrata in vigore il 1° Gennaio 2017.
Assemblea generale Nazioni Unite
Il 25 settembre 2015, dopo un processo di negoziazione durato quasi due anni, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha formalmente adottato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, corredata da una lista di 17 obiettivi e 169 sotto-obiettivi che dovranno essere raggiunti da tutti i paesi del mondo entro il 2030. L’adozione dell’Agenda 2030 rappresenta un evento storico da più punti di vista. Infatti, è stato espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Alcuni esempi di Obiettivi sono: Parità di genere, buona occupazione e crescita economica, consumo e produzione responsabile, lotta contro il cambiamento climatico. In seguito entreremo un po’ più in dettaglio.
Fine Capitolo 1, ci vediamo a breve con il seguito. www.parryassociati.com