A tre mesi circa dall’inizio dell’emergenza sanitaria, si iniziano ad intravedere gli effetti dello smart working. Un nuovo e “agile” modo di concepire il lavoro. Dopo la comprensibile ondata di entusiasmo da parte degli smart workers e da parte delle aziende, “festanti” per aver reso possibile il lavoro da casa, al grido della long-awaited digital innovation, è ora necessario fare qualche riflessione. Nulla da dire sullo smart working prima fase, quello del lockdown estremo. In quel caso oltre ad essere impraticabile attuare soluzioni alternative, il benessere e la salute dei dipendenti occupava, giustamente, il primo posto nel ranking delle priorità delle aziende.
Una evoluzione integralista e poco sostenibile
Il tema è l’evoluzione che questo approccio va ora assumendo, delineando un quadro che non esiterei a definire “inquietante”. Ci sono alcune aziende che hanno preso la decisione di rendere lo smart working “permanente” : i lavoratori non torneranno mai più a lavorare in azienda. Questo è un primo elenco di aziende ed è riferito principalmente a realtà americane. Non è affatto rassicurante poiché sappiamo che l’America anticipa le tendenze.
Guardandola da una prospettiva di sostenibilità, lo smart working, esattamente come tutte le altre attività di un’azienda, produce effetti sul piano sociale, economico ed ambientale. Se è vero che la sostenibilità è l’integrazione delle tre dimensioni nella strategia aziendale, forse bisogna introdurre dei correttivi.
Lo smart working e gli effetti sul piano sociale: i manager perdono i “superpoteri”
Le aziende sono degli universi più o meno complessi dove il fattore umano, l’uso dell’intelligenza emotiva e la componente relazionale, sono stati e restano “intangible assets”. Gli stessi in grado di smuovere anche le montagne se necessario, perchè sapete bene che per “spostare il masso” non bastano le procedure organizzative.
I superpoteri
Queste componenti sono dei veri e propri “superpoteri” relazionali, che agendo all’interno del contesto aziendale, generano energia positiva. L’energia positiva è la forza motrice necessaria per superare ostacoli, difficoltà. In passato, a guidare la crescita e i risultati più importanti della maggior parte delle aziende sono state proprio quelle componenti. Il presidio, anche fisico del ruolo, da parte di manager e responsabili che, attraverso la continua esortazione a fare squadra e lavorare in gruppo e in comunanza di obiettivi, facevano sentire le persone parte di un progetto.Fattori come l’armonia, il morale del gruppo, una supervisione cordiale, il dialogo e l’interessamento diretto alle persone costituiscono un potente strumento di motivazione, spesso più efficace del puro incentivo economico. Come possono essere vissuti, percepiti e sentiti questi aspetti a distanza, in un “non luogo” come una videoconferenza? Lucy Kellaway, nota giornalista e saggista inglese ha scritto diversi pezzi sul significato che lo spazio “ufficio” ha sui dipendenti. La Kellaway, in un suo recente articolo sul Financial Times definisce l’ufficio “un pilastro della sua vita” non solo un luogo di lavoro ma una fonte di energia in quanto in grado di assicurare routine, divertimento e “purpose” cioè scopo.
Una nuova leadership? Yes, if any
Tutti quelli che come me hanno vissuto in organizzazioni complesse e strutturate, sanno bene quanto sia necessario dedicare tempo alla formazione continua delle risorse, al networking interno, alla mediazione, risoluzione di conflitti, per superare resistenze di ostacolo al raggiungimento del risultato. L’affiancamento delle proprie persone, per stimolarne la creatività e le risorse nascoste di ognuno, era uno dei nostri compiti più importanti. Inevitabile, in questo quadro, il ripensamento della leadership. Vogliamo parlare infine dell’empatia? la capacità di entrare in relazione con lo stato d’animo più profondo delle persone, creando cosi connessioni speciali utili alla causa? Ora c’è il rischio di una pericolosa disconnessione affettiva. La gestione a distanza delle relazioni ci condurrà, neanche troppo lentamente, verso una forma di “lockdown sociale” pericolosissimo, per l’azienda e per il lavoratore.
Lo smart working e gli effetti sul piano economico: si salvi chi può
Per questo paragrafo non servono particolari approfondimenti. Ogni lettore potrebbe fare da se, la semplice elencazione dei mercati impattati dallo smart working. Basta osservare il “worker’s journey”. La scelta di rinunciare al costo dell’affitto degli uffici non è così nuova. Molte aziende anni fa, hanno iniziato a considerare l’opzione di uffici condivisi. Una valida alternativa al costo fisso di un building dedicato. Scelta che ha aperto la strada ad un nuovo mercato, quello dei co-working. La transizione verso lo smart working, invece, avrà un effetto rilevante sul mercato degli affitti commerciali. Così come tutto ciò che riguarda la manutenzione degli uffici e il mantenimento in efficienza degli stessi: macchine per ufficio, servizi di pulizia, consumi elettrici etc.. L’indotto patirà la riduzione delle presenze negli uffici, pensiamo alla pausa pranzo e alle inevitabili conseguenze su bar, ristoranti oppure ai negozi dei centri commerciali.
Tutto qui?
No, purtroppo. I trasporti? ci saranno molti meno spostamenti, tram, treni, metropolitane e soprattutto un minor utilizzo dell’auto. Le flotte aziendali probabilmente diventeranno un ricordo di un tempo che non esiste più. I benzinai registreranno una variazione significativa dei loro incassi quotidiani. I lavoratori saranno portati a modificare radicalmente i loro stili di consumo. Al netto della riduzione delle spese come abbigliamento, accessori a causa del crollo della fiducia ( ma questo è un altro aspetto) gli italiani in smart working hanno ridotto la la loro propensione al consumo in generale. La mappatura non è sicuramente esaustiva, ma rende l’idea.
Lo smart working e gli effetti sul piano ambientale: obiettivo raggiunto
Questo è l’aspetto che non ha bisogno di alcun commento per chè si commenta da solo. E’ ovvio, abbiamo spento i motori, stiamo a casa quindi cala il livello delle polveri sottili, e scende anche il livello dell’inquinamento acustico.
In conclusione
Sicuramente un maggior equilibrio tra la vita lavorativa e la vita familiare porterà un senso di maggior beneressere al dipendente. Il worklife balance è da sempre un obiettivo verso cui tendere. Bisogna però valutare le conseguenze di quelle scelta che, se attuate in modo radicale e integralista , possono provocare degli effetti devastanti sul piano economico. In questi anni di lavoro ho imparato che la sostenibilità, quella verà è soprattutto una vocazione di chi governa le aziende. E’ quella attitudine a valutare pro e contro di una scelta, non solo per la propria azienda ma per l’intero sistema. E’ questo sarà il compito più difficile da svolgere, integrare questi tre aspetti nella gestione di un momento davvero difficile. Un’azienda ha un approccio davvero sostenibile quando non si preoccupa “di essere la migliore al mondo, ma la migliore per il mondo”