Ecco la novità in termini di comunicazione e sostenibilità datata 9 marzo: stop ai modelli estetici che promuovono l’ “anoressia ” nelle pubblicità.
Si tratta di una iniziativa dello IAP, l’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria, che inserisce una modifica all’articolo 12 bis del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale che recita così: “Divieto di utilizzare in pubblicità immagini del corpo ispirate a modelli estetici chiaramente associati a disturbi del comportamento alimentare nocivo per la salute”. Si tratta di una importante svolta nei confronti di malattie quali la anoressia e la bulimia, che riguardano soprattutto i giovani che, per spirito di emulazione, copiano i modelli delle pubblicità, andando incontro a seri disturbi psicofisici.
Abbiamo deciso di approfondire questa iniziativa con il Segretario Generale dello IAP, Vincenzo Guggino, che ci dice:
” Le abitudini alimentari scorrette e i disturbi del comportamento alimentare, come è noto, sono fra i fattori di rischio più importanti nello sviluppo delle malattie non trasmissibili. Il sovrappeso e l’obesità, da un lato, l’anoressia e la bulimia, dall’altro, rappresentano le sfide più serie alla salute pubblica, richiedendo iniziative comuni per promuovere stili e comportamenti di vita salutari, e per contrastare modelli di consumo nocivi.
A questa sfida non si è sottratto l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, ponendo particolare attenzione a questi temi sia con norme specifiche del suo Codice, che con un attento monitoraggio e contrasto in relazione alla comunicazione commerciale. Infatti l’Istituto, ha appena varato una norma che vieta l’uso in pubblicità di immagini del corpo ispirate a modelli estetici chiaramente associabili a disturbi patologici del comportamento alimentare, nocivi per la salute. I modelli estetici proposti dalla pubblicità possono in qualche misura condizionare, soprattutto nei più giovani, il perseguire determinati stili di vita e canoni estetici.
E se certamente i disturbi del comportamento alimentare sono legati a particolari condizioni di disagio psichico, inseguire dei modelli estetici veicolati dai mass media che esaltano, ad esempio, le “icone della magrezza” , può contribuire a suggerire comportamenti errati nei soggetti già predisposti. Da qui l’assunzione di responsabilità da parte dell’istituto, degli Enti e degli operatori che ne fanno parte, nel dare il proprio contributo a vigilare su questo fronte, attivando i propri meccanismi di sanzione laddove si riscontrino messaggi in contrasto con le norme del proprio Codice”.
Il Mercato della Moda,sicuramente il più impattato, dà segnali di sostenibilità
Nella nostra esperienza, questo fenomeno ha riguardato e riguarda soprattutto le aziende del fashion, che propongono modelle magrissime in sfilata e pubblicità che ne esaltano la magrezza. I marchi della moda hanno utilizzato modelli molto magri nelle loro campagne pubblicitarie e passerelle, ma è con l’avvento di Photoshop che negli anni è diventata la norma ritoccare le immagini di modelle e celebrità. La creazione di foto altamente modificate ha normalizzato una immagine irraggiungibile della bellezza, come qualcosa a cui tutti dovrebbero mirare. Abbiamo constatato che per ridurre l’impatto di questo fenomeno, negli ultimi anni, sempre più marchi di moda hanno cambiato il loro approccio in termini di sostenibilità.
Le iniziative Legislative e di Autoregolamentazione
Facendo in po’ di storia, va detto che in Italia, pur non avendo ancora legiferato in merito, è dal Dicembre 2006 che si cerca di affrontare il problema. Infatti proprio nel 2006 la Camera Nazionale della Moda Italiana, che racchiude le principali marche del Fashion, ha diffuso un Codice Etico per modelle e modelli, per contrastare il fenomeno dell’anoressia. E’ stato il primo segnale del settore, che riguarda la taglia e l’età delle modelle, e che ci ha resi per anni all’avanguardia nella gestione di questo aspetto molto importante. Infatti, al Codice etico di Camera della Moda, ha fatto seguito il Manifesto Nazionale di autoregolamentazione della Moda Italiana contro l’anoressia, firmato dall’allora Ministro per le Politiche Giovanili Giovanna Melandri a dal presidente di Camera della Moda Mario Boselli. Dopo queste iniziative, volte a enfatizzare l’importanza della sostenibilità, ha fatto riscontro nel 2017 la Carta Comune per il benessere delle modelle e dei modelli, siglata da due Gruppi del lusso come LVMH e Kiering, proprietari di marchi come Gucci, Dior, Bottega Verde, Louis Vuitton, Saint Laurent, Fendi ecc.. Questa Carta Comune, prevede che i modelli/modelle presentino un valido certificato medico che attesti lo stato di buona salute e l’abilitazione al lavoro, certificazione ottenuta almeno 6 mesi prima dell’attività in sfilata.
Le iniziative Legislative
Sempre nel 2017, si segnala una iniziativa politica, con una Proposta di legge presentata alla Camera dei deputati dalla Deputata M5S Azzurra Cancelleri, per dire stop alle modelle taglia zero. La proposta si componeva di quattro articoli: il primo stabiliva il divieto d’impiegare in sfilate o campagne pubblicitarie modelle con un indice di massa corporea pari o inferiore a 18,5, indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come livello al di sotto del quale si può parlare di malnutrizione. Il secondo articolo prevedeva l’obbligo di un certificato medico e di una valutazione psicologica che attestassero l’assenza di disturbi alimentari per poter sfilare. Il terzo articolo stabiliva sanzioni per chi non rispettasse quanto previsto nei primi due articoli (da una multa di 75 mila euro alla reclusione fino a 6 mesi) e per i mezzi di informazione e tutti quei soggetti che promuovessero un’immagine di eccessiva magrezza (da una multa di 100 mila euro alla reclusione fino a un anno). Infine l’ultimo articolo doveva promuovere campagne informative volte a diffondere una corretta educazione alimentare.Questo impegno per combattere il fenomeno tuttavia, non ha dato i frutti sperati. Infatti l’iniziativa della Deputata Cancelleri è finita nel nulla.
Iniziativa in corso
Ci ha riprovato nell’ottobre del 2018, in modo bipartisan, la Commissione del Senato, che ha all’esame due Disegni di Legge. Il primo, adottato come testo base, è stato presentato dalla Senatrice di Forza Italia Maria Rizzotti; il secondo, firmato dalla Senatrice Dem Caterina Bini, è stato elaborato a seguito delle Audizioni svolte dalla Commissione stessa. I due testi comunque coincidono su un punto fondamentale: la necessità di sanzionare le agenzie pubblicitarie o di moda che si avvalgono di modelle che non presentino un certificato medico, o il cui certificato attesti che sono in uno stato di massa corporea di grave magrezza o di forte sottopeso. Entrambe le proposte, inoltre, prevedono politiche dedicate alla prevenzione e l’istituzione della Giornata di studio sui disturbi alimentari. C’è però una differenza sostanziale, di impostazione e di approccio, tra i due testi. Infatti quello presentato dalla Senatrice Rizzotti stabilisce la creazione del reato di “istigazione al ricorso a pratiche alimentari idonee a provocare l’anoressia o la bulimia”. Il rischio è quello della reclusione fino ad un anno e la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro. In questo momento il testo è in corso di esame in Commissione Sanità al Senato. Con queste iniziative, va detto che noi Italiani, per una volta facciamo bella figura, perché abbiamo affrontato il problema in anticipo.
E negli altri Paesi?
In Israele, già dal 2012, è entrata in vigore una Legge che vieta la proposizione di modelli basati su ideali di bellezza “anoressici”. In UK la ASA, Advertising Standards Authority è molto rigida nella sua attività di monitoraggio ed è pronta a vietare la diffusione di messaggi distorsivi. In Francia nel 2015 è stata votata una Legge dal Parlamento Francese, che obbliga le top model che vogliono lavorare a Parigi, a fornire ogni due anni un certificato medico che attesti il loro stato di salute e la compatibilità con il mestiere di modella. La legge francese impone anche di annotare sui messaggi pubblicitari se una foto è ritoccata, in modo da evitare “la promozione di ideali di bellezza impossibili e prevenire l’anoressia tra i giovani”. Questa Legge è stata poi pubblicata nel Maggio 2017 in Gazzetta Ufficiale ed è stata denominata la cosiddetta Legge “anti-anoressia”.
Conclusioni
Con questa carrellata di iniziative abbiamo una ulteriore conferma di come la comunicazione abbia un potere di influenza molto forte, soprattutto in questa fase “di social network domination”, e di come con degli interventi regolatori sensati, si possa contribuire alla risoluzione di questi problemi sociali. Per questo motivo, condividiamo l’iniziativa intrapresa dallo IAP, e esortiamo altre forme di engagement da parte di altri stakeholder per ridurre definitivamente l’impatto di questo fenomeno così diffuso tra i giovani.
Parry & Associati, è una Società di Consulenza specializzata su tematiche di sostenibilità e attività di Stakeholder Engagement.